Una Nuova Vetrata Artistica

DSC_5813Perchè realizzare una nuova vetrata artistica in una chiesa o in un santuario? Penso sia una domanda fondamentale, la prima che sorge quando si sfoglia uno dei nostri cataloghi, attirati più dalla curiosità o dalla bellezza delle opere che per la risoluzione di un vero e proprio problema.

Nel caso delle nuove chiese è possibile che le vetrate artistiche entrino fin dall’inizio a far parte del progetto. Quindi, in questo caso, alla domanda è già stata data una risposta, che si è tradotta in una scelta, e le motivazioni possono essere trovate negli articoli precedenti: la volontà di dare un più evidente significato liturgico alla luce, di creare la giusta atmosfera etc. etc.

Ma quando la scelta viene fatta successivamente la risposta potrebbe non essere la stessa. “Il luogo ha già una forte atmosfera di sacralità, non ho bisogno di vetrate” oppure “non ho problemi di illuminazione, come entra il sole mi va più che bene” potrebbero essere le prime idee. E intanto però le chiese si svuotano. E ne vengono create altre di nuove.

Nuove vetrate artistiche significa nuove opere d’arte contemporanea e di conseguenza contemporaneizzazione del luogo sacro, nel rispetto della tradizione e delle opere antiche preesistenti. Avere delle finestre bianche (da sostituire con delle vetrate artistiche) significa avere la possibilità di dire ancora una volta “questo è un luogo sacro, o meglio un luogo santo, oggi, per le persone di oggi” significa avere la possibilità di dare un valore aggiunto e di riportare l’attenzione di chi quel valore aggiunto è in grado di apprezzarlo.

In una recente conferenza ho sentito dire che le immagini sono uscite dalle chiese perchè attraverso il protestantesimo è tornata protagonista la parola, l’annuncio, il vangelo. Questo è sicuramente vero, ma è come individuare la motivazione solo all’interno della chiesa stessa, quando invece deve essere sicuramente trovata anche all’esterno. Le immagini erano solo sacre prima dell’avvento del mecenatismo rinascimentale e comunque anche con il rinascimento e fino all’avvento della fotografia le immagini fruibili dall’uomo erano prevalentemente sacre e fruibili all’interno del luogo sacro. Ma quando le immagini hanno iniziato ad essere profane permeando il mondo esterno, dalla fotografia, dalla stampa, fino ad arrivare ai giorni nostri con televisori e smartphone, l’immagine non era più adatta ad essere la via per comunicare il sentimento sacro. Il fedele non ha più bisogno di percepire il corpo fisico di cristo di percepirne la bellezza umana, di vivere l’emozione di un miracolo, quando basta andare al cinema per provare mille diversi tipi di emozioni.

E con le immagini a poco a poco è uscita anche l’arte, l’arte contemporanea si è progressivamente slegata dall’ambito sacro. Prima l’arte era sacra ora invece esiste l’arte sacra e l’arte contemporanea, come se fossero due cose completamente diverse quando in realtà sono sempre la stessa arte con differenti “livelli di sacralità”. Non solo il sacro ha perso e si è fatto sfuggire l’arte, ma l’arte si è fatta sfuggire il sacro. Entrambi cercano di compensare questa mancanza con una ricerca continua che porta alla produzione di una infinità di diversi stili artistici, una confusione tale che anche il popolo si è progressivamente allontanato sia dall’una che dall’altra facendo fatica a comprendere.

E’ come se l’arte non fosse più di questo tempo e di questo luogo, dividendo i due aspetti: l’arte sacra è l’arte di questo luogo, l’arte contemporanea è l’arte di questo tempo. E noi non potendo stare solo nel tempo ne solo nel luogo, non siamo più nell’arte: non andiamo nei luoghi dell’arte e non dedichiamo tempo all’arte, l’arte non è più “popolare” in tutti i sensi di questa parola.

“L’immagine ha lasciato lo spazio alla parola come il silenzio a lasciato lo spazio al rumore” non è possibile osservare un’immagine nel rumore come non è possibile esista un annuncio nel silenzio. Ma a volte l’immagine nel silenzio arriva a toccarci in modo più diretto, più intimo e fisico di qualsiasi parola che invece deve spesso essere spiegata.

Una nuova vetrata artistica significa riportare l’arte contemporanea nel luogo sacro, non un’arte contemporanea autocelebrativa, come spesso accade, con la conseguenza di opere apparentemente sacre per via della loro funzione ma che restano completamente slegate dal sacro, bensì un’arte che è il frutto di un confronto continuo con la comunità, con la committenza: un’arte nuovamente popolare e quindi veramente sacra.

Significa portare una nuova immagine, diversa da quella del mondo esterno, all’interno del luogo sacro, riportare quindi il silenzio, il silenzio dell’ammirazione, della sorpresa, il silenzio di una comunicazione visiva intensa che man mano si è persa nel tempo perchè le vecchie immagini fanno sempre più fatica a comunicare con l’uomo contemporaneo perchè parla con una lingua diversa che non è più quella popolare.

Anche nelle nuove architetture che inizialmente non avevano previsto alcuna vetrata artistica, la risposta non è così scontata. Nuove architetture, quasi iconoclaste potrebbero in futuro sentire il bisogno di dare un più evidente significato alla luce, di ritrovare l’emozione del colore al posto del bianco assoluto, di rendere sacro un luogo che, in assenza della Parola risulta veramente vuoto.

Noi non vogliamo realizzare un altare o un ambone che guardandolo ci facciano dire “quello è un Vangi” oppure un mosaico che ci faccia dire “quello è un Rupnik” noi vogliamo realizzare un altare, un ambone e una vetrata artistica che ci tolga il fiato, che ci tolga le parole, che comunichi solo ed esclusivamente il valore vero dell’ambone, il valore vero dell’altare, consentendomi di mettere perfettamente a fuoco questo valore. Ed è questo il motivo che deve spingerci a realizzare una nuova vetrata artistica: ristabilire la comunicazione del valore a chi vive il luogo sacro, portare chi è alla ricerca di questo valore all’interno del luogo sacro.

Io spero veramente che un giorno questo torni ad essere più chiaro nella mente di chi deve operare questa scelta e che la comunità stessa capisca l’importanza di questo per continuare il suo cammino, per trasmettere alle generazioni future questi valori staccandoli anche solo per un momento dalle immagini non sacre che tolgono l’immaginazioni e volgendo il loro sguardo verso nuove immagini che siano uno stimolo per l’immaginazione e che consentano veramente di guardare oltre.

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